La Consulta ha accolto i rilievi che il Partito Democratico in primis ha fin da principio denunciato, rimettendo al centro il principio di sussidiarietà e sottolineando che la distribuzione delle funzioni legislativa e amministrativa tra Stato e Regioni “non” deve “corrispondere all’esigenza di un riparto di poteri tra i diversi segmenti del sistema politico” ma deve avvenire “in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione”. È, dunque affermando “il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni”. Per questo l’Autonomia “deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.
Insomma la Corte ha bocciato il Governo e i Presidenti di regione che hanno sostenuto questo obbrobrio, tra cui l’uomo delle giravolte Roberto Occhiuto.
Il governatore della Calabria, fratello di quel senatore che ha votato a favore della legge, ieri ha, a sua volta, dichiarato, senza conoscere il senso del pudore e probabilmente neanche il limite del ridicolo, che adesso il Parlamento ha l’opportunità di fare le cose per bene e di risolvere le perplessità che lui stesso aveva avanzato. Stiamo parlando dello stesso Occhiuto, Giano bifronte, vice segretario nazionale del partito che ha voluto insieme ad altri l’autonomia differenziata e presidente della Calabria che si è rifiutato, nonostante i numerosi solleciti, di impugnare la norma, insieme alle altre regioni, davanti alla Consulta.
Occhiuto parli adesso il linguaggio della chiarezza e spieghi ai calabresi se è d’accordo o meno a mantenere in vita una riforma moribonda e dica con fermezza che sosterrà il referendum abrogativo dell’intero impianto normativo, altrimenti la sua già scarsa credibilità sarà compromessa del tutto.
Siamo alle comiche finali e non ce lo meritiamo”.
Così Giuseppe Mazzuca, presidente del consiglio comunale di Cosenza.
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