Sono Campania, Toscana, Puglia, Veneto e Sicilia i sistemi economici e sociali più resilienti. Il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio: «Rialzo dei tassi di interesse, ribasso sulle attese dell’economia e criteri di accesso al credito più stringenti condizionano la ripresa a seguito dello shock pandemico e del conflitto in Ucraina. E non tutti i sistemi regionali manifestano la stessa abilità “a riprendersi”». È una resilienza a metà quella che ha caratterizzato i sistemi economici territoriali italiani nel 2023 e che sembra costretta a proseguire, con la stessa “timidezza”, anche nei primi mesi dell’anno in corso. Molto dipenderà, probabilmente, dalle decisioni della Banca centrale europea sui tassi di interesse che, ad oggi, per ammissione della stessa presidente, Christine Lagarde, hanno raggiunto il loro picco. E così, se da un lato, crescono di ben oltre mezzo milione gli occupati e risultano quasi 511 mila in meno le persone a rischio povertà o esclusione sociale, dall’altra, non mancano le “reazioni negative” con, in particolare, una contrazione per i prestiti erogati al sistema imprenditoriale e alle famiglie complessivamente di poco più di 54 miliardi di euro oltre a mancati incassi per gli enti locali pari a circa 6,4 miliardi di euro. Sono cinque le realtà regionali, infine, a collocarsi tra le più resilienti: Campania, Toscana, Puglia, Veneto e Sicilia. È quanto emerge dall’IRER, l’indice di resilienza economica regionale ideato da Demoskopika che, confrontando il 2023 rispetto al 2022, ha provato a misurare la capacità dei sistemi economici regionali di resistere agli shock della pandemia e degli eventi bellici oltre alla velocità imboccata per la ripresa. Per la costruzione dell’indice sono stati individuati i seguenti parametri: prestiti alle imprese, natalità imprenditoriale, prestiti alle famiglie, occupati a tempo pieno e parziale, persone a rischio di povertà o esclusione sociale e, infine, entrate tributarie ed extra-tributarie locali. «La voglia di resilienza – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – è rallentata da alcuni fattori condizionanti l’abilità dei sistemi economici territoriali di riprendersi da recenti shock, tra cui la fase pandemica e la guerra in Ucraina. Stiamo assistendo, nella sostanza, ad una resilienza a metà, a una semiresilienza. In particolare, a inibire la velocità di ripresa, certificata prioritariamente da una riduzione dei prestiti alle imprese e alle famiglie consumatrici, sicuramente il più che significativo rialzo, nel corso del 2023 dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea al 4,5%, mai così alto dal 2001; e, ancora, – continua Raffaele Rio – la contrazione del clima di fiducia delle imprese che, nonostante una graduale tendenza rialzista in chiave congiunturale (107,2 punti a dicembre del 2023 a fronte dei 103,5 punti nel mese precedente) risulta ancora inferiore al mese di dicembre del 2022 (107,9); infine, a contribuire a fiaccare il monte prestiti erogato ai vari sistemi economici locali, anche la crescita delle richieste di garanzia e dei limiti alle scadenze. Sarà fondamentale – conclude Raffaele Rio – osservare alcune variabili nei primi mesi del 2024, dall’inflazione complessiva ai prezzi delle materie prime, dal costo del credito al livello di indebitamento degli enti locali per misurare l’esigenza di liquidità e la propensione agli investimenti dei sistemi locali, dal potere di acquisto alla richiesta di mutui delle famiglie e, non ultimo, agli effetti dell’attuazione delle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)». Classifica IRER: sono cinque i sistemi “più resilienti” d’Italia. Sono cinque i sistemi economici e sociali più resilienti, tre al Sud, uno al Centro e uno al Nord. È questo il quadro che emerge dall’IRER, l’indice di resilienza economica regionale ideato da Demoskopika. Per consentire una lettura più agevole, le regioni sono state classificate in quattro cluster principali e rappresentate con un cartogramma a scala cromatica in relazione al livello di resilienza economica: alto, medio-alto, mediobasso e basso. In particolare, a registrare un livello più alto di resilienza, ossia di capacità a riprendersi da shock economici, si collocano Campania che ha totalizzato 110,50 punti, Toscana con 105,14 punti, Puglia con 103,98 punti, Veneto con 103,97 punti e Sicilia con 103,95 punti. E, inoltre, nell’area dei sistemi economici e sociali con un livello di resilienza “medio-alto” si posizionano altre sei realtà regionali: Valle d’Aosta (102,30 punti), Basilicata (102,21 punti), Lombardia (102,17 punti), Friuli Venezia Giulia (101,42 punti), Calabria (100,79 punti) e Emilia-Romagna (100,75 punti). A seguire, nell’area caratterizzata da un livello medio-basso di resilienza economica si collocano: Molise (99,21 punti), Marche (99,05 punti), Trentino Alto Adige (98,99 punti) e Abruzzo (98,84 punti). A manifestare minore capacità in un percorso di graduale ripresa e di uscita dagli shock economici dovuti principalmente a emergenza pandemica e conflitto Russia-Ucraina, collocandosi, dunque, nel cluster dei sistemi con un livello basso di resilienza, infine, si posizionano Lazio (98,75 punti), Umbria (98,55 punti), Piemonte (97,52 punti), Liguria (95,90 punti) e, infine, Sardegna (93,52 punti). Accesso al credito: contrazione dei prestiti alle imprese per quasi 53 miliardi di euro. Nel 2023, Demoskopika, analizzando i dati di Bankitalia, ha rilevato una flessione dei prestiti al sistema imprenditoriale italiano: ben 52,8 miliardi in meno erogati alle imprese pari a un decremento del 7,1% rispetto al 2022. A livello territoriale, la contrazione al di sotto della media italiana (-7,1%), in termini di variazione percentuale dell’ammontare dei prestiti erogati alle società non finanziarie e alle famiglie produttrici (imprese), si è registrata nei seguenti sistemi locali: Molise con una flessione dei prestiti pari a -17,7 milioni di euro (-1,2%), Campania (-984,8 milioni di euro; -3,0%), Basilicata (-97,4 milioni di euro; -3,2%), Puglia (-765,4 milioni di euro; -3,4%), Sicilia (-662,6 milioni di euro; -3,4%), Calabria (282,3 milioni di euro; -4,7%). E, ancora, Toscana (-2.542,4 milioni di euro; -5,3%), Emilia-Romagna (5.005,9 milioni di euro; -6,3%), Abruzzo (-697,7 milioni di euro; -6,5%), Lombardia (-14.007,8 milioni di euro; -6,5%) e, infine, Veneto (-5.246,4 milioni di euro; -7,0%). Tendenze: la congiuntura economica frena la natalità d’impresa. Nel 2023 le dinamiche di natalità rilevate registrano un decremento dell’1,3% rispetto al 2022, con 3.159 imprese in meno iscritte. Seppur in un quadro complessivo di lieve contrazione, sostanzialmente in linea con l’anno precedente, i dati evidenziano alcune significative differenze a livello territoriale. E così, sono nove i sistemi economici che registrano, nell’arco temporale considerato, un incremento delle imprese iscritte, dimostrando, seppur in chiave non esaustiva, una dinamicità economica che ha influito a migliorare il livello di resilienza misurato nello studio di Demoskopika. In particolare, a primeggiare positivamente in termini di variazione percentuale dal 2023 al 2022, risultano Valle d’Aosta, con una crescita del numero delle iscrizioni del 9,7%, pari a 48 imprese in più; seguono Veneto con un incremento della natalità pari all’1,7% (+319 imprese), Marche con l’1,4% (+78 imprese), Sicilia con lo 0,5% (+84 imprese), Abruzzo con lo 0,5% (+25 imprese), Emilia-Romagna con lo 0,4% (+77 imprese), Calabria con lo 0,3% (+18 imprese) e Lazio con lo 0,3% (+66 imprese). E, infine, a presentare un andamento negativo, ma comunque al di sopra della contrazione media italiana, altre quattro regioni: Trentino Alto Adige con lo 0,1% in meno (-4 imprese), Campania con lo 0,3% (-68 imprese), Molise con lo 0,6% (-7 imprese) e, infine, Lombardia con lo 0,8% (-362 imprese). Reazioni: si riduce il ricorso al credito delle famiglie. Le ripercussioni della politica monetaria restrittiva avviata dalla BCE nel 2023 non potevano non manifestarsi anche nella dinamica dei finanziamenti alle famiglie, esercitando un evidente rallentamento. Esaminando le dinamiche dei finanziamenti concessi, secondo i dati provvisori per regione di Bankitalia aggiornati al 31 ottobre 2023, emerge uno scenario di flessione della richiesta di prestiti alle famiglie italiane. In particolare, ai nuclei familiari sono stati erogati oltre 1,7 miliardi di euro in meno rispetto allo stesso periodo del 2022: si è passati dai 594,2 miliardi del 2022 ai 592,5 miliardi del 2023. Anche per questo indicatore emerge un quadro variegato, caratterizzato da sistemi che hanno fatto maggiore ricorso ai prestiti e “comunità familiari” che, al contrario, hanno scelto la via della riduzione di accesso al credito bancario. In particolare, analizzando i dati su base regionale, emerge che il maggiore ricorso ai finanziamenti si è registrato principalmente tra le famiglie della Puglia con 423 milioni di euro in più (+1,4%), della Campania con 449 milioni di euro (+1,2%), della Calabria con 76 milioni di euro (+0,8%) e della Sicilia con 151 milioni di euro (+0,5%). In direzione diametralmente opposta, ben 11 sistemi regionali che, al contrario, hanno segnato una contrazione dei prestiti alle famiglie con in testa, per calo in termini di variazione percentuale dal 2023 al 2022, Umbria con 203 milioni di euro in meno (-2,6%), Valle d’Aosta con 24 milioni di euro (-2,4%) e, infine, Marche con 291 milioni di euro (-2,2%). Lavoro: crescono gli occupati, oltre 545 mila in un solo anno. Sul podio Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Secondo gli ultimi dati dell’Istat su base regionale, nel 2022 gli occupati hanno registrato una crescita significativa, pari al 2,4%, rispetto all’anno precedente: oltre 545 mila individui con un’occupazione in più a tempo pieno e parziale. Un andamento ampiamente confermato anche dai più recenti dati Istat, di cui però non sono stati diffusi gli scenari territoriali: 481 mila occupati in più nel terzo trimestre 2023 rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. A livello regionale, sono principalmente nove i sistemi locali ad aver “guadagnato” più occupati rispetto al dato medio italiano: Puglia con una crescita pari al 5% (+59.866 occupati), Toscana con il 4,6% (+71.429 occupati), Valle d’Aosta con il 4,6% (+2.423 occupati), Trentino Alto Adige con il 3,9% (+19.239 occupati), Marche con il 3,7% (+22.700 occupati). E, ancora, Liguria con il 3,6% (+21.515 occupati), Veneto con il 3,1% (+64.836 occupati), Campania con il 3,1% (+49.205 occupati) e, infine, Molise con il 2,8% (+2.817 occupati). Disagio economico: la resilienza caratterizzata da oltre 510 mila persone a rischio povertà in meno. Ben 511 mila individui in meno a rischio di povertà o di esclusione sociale secondo il tasso AROPE che rappresenta, nella definizione dell’Eurostat, la percentuale della popolazione totale a rischio di povertà o esclusione sociale. È l’indicatore principale per monitorare l’obiettivo UE 2030 sulla povertà e l’esclusione sociale ed è stato l’indicatore principale per monitorare l’obiettivo povertà della strategia UE 2020. In particolare, secondo gli ultimi dati disponibili, si ridurrebbe dello 0,8% per cento l’incidenza delle famiglie con rilevante disagio economico secondo le variabili del reddito insufficiente, della deprivazione socioeconomica e della bassa intensità del lavoro: si passa dal 25,2 del 2021 al 24,4% del 2022. Per questo indicatore, i ricercatori di Demoskopika, ai fini della costruzione dell’Indice di resilienza hanno attribuito il punteggio più elevato ai sistemi territoriali che hanno registrato una variazione in negativo maggiore, palesando una riduzione dell’incidenza delle persone a rischio di povertà e di esclusione sociale sul totale dei cittadini residenti per regione. Ciò premesso, in vetta per contrazione del fenomeno osservato risultano l’Umbria con 48,3 mila individui a rischio di povertà e esclusione sociale in meno, pari ad un -5,5%, immediatamente seguita dalla Basilicata (-20.2 mila individui; -3,5%) e dalla Campania (-174,3 mila individui; -3,1%). Entrate: oltre 6,4 miliardi di mancati incassi per gli enti locali. Anche gli enti locali italiani entrano nel processo della resilienza, risultando probabilmente condizionati, nella “macchina del prelievo”, da una contrazione delle scelte di investimento o di consumo di imprese e cittadini. Nel 2023, le casse comunali e provinciali hanno subìto una sforbiciata di ben 6.421 milioni di euro di mancati incassi, pari al 12,3 per cento, derivanti dai principali tributi locali rispetto allo stesso periodo del 2022: dai 52.199 milioni di euro del 2022 ai 45.778 milioni di euro del 2023. Spostando l’osservazione sul livello regionale emerge un quadro abbastanza differenziato. In particolare, sul podio delle casse più “prosciugate”, e quindi con un’attribuzione di punteggi più bassi per la costruzione dell’indicatore, si posizionano gli enti locali di quattro realtà regionali: Molise, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Lazio. In particolare, in Molise, comuni, città metropolitane e province registrano una flessione degli incassi pari al 18,0%, quantificabile in ben 46 milioni di euro immediatamente seguita dalla Valle d’Aosta i cui enti di rappresentanza territoriale hanno registrato mancati incassi per 31,9 milioni di euro, pari al – 17,6%. A chiudere questo primo raggruppamento dei “più sofferenti”, gli enti locali Trentino Alto Adige e del Lazio, le cui mancate risorse finanziarie ammontano rispettivamente a 192,8 milioni di euro (-16,2%) e a 952,6 milioni di euro (-15,1%). Sul versante opposto, ad aver subìto minori contraccolpi nei dodici mesi del 2023 rispetto all’anno precedente, risultano gli enti locali del Friuli Venezia Giulia con una flessione degli incassi tributari ed extra-tributari, in valore assoluto, di 68,4 milioni di euro (-8,0%). A seguire comuni, città metropolitane e province della Campania con una riduzione di 372,5 milioni di euro (-8,0%) e della Basilicata le cui mancate risorse finanziarie ammontano a 42,3 milioni di euro (-9,4%).
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