Nel 2023 aumenta la distanza tra le due macro-aree del paese. A pesare negativamente soprattutto reddito, sanità, speranza di vita e povertà. Bene, al contrario, gli indicatori del lavoro. È quanto emerge dall’indice del divario economico e sociale (INDES) ideato da Demoskopika. Il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio: «Costruire un’autonomia consapevole piuttosto che differenziata o, peggio ancora, gridata. Altrimenti c’è il concreto rischio di una guerra civile psicologica e dell’acuirsi di un devastante scontro ideologico tra Nord e Mezzogiorno del paese».
È nel 2023 che si sarebbe consumato il divario più rilevante tra Nord e Mezzogiorno d’Italia dell’ultimo decennio totalizzando il valore massimo (100 punti) rispetto al 2013 (92,5 punti) dell’Indice del divario economico e sociale (INDES) ideato da Demoskopika sulla base di sette indicatori: occupazione, disoccupazione, reddito disponibile familiare, speranza di vita, sanità, ricchezza pro-capite e povertà. La scelta del set di indicatori utilizzati è stata adottata sulla base di alcuni criteri ben precisi: reperibilità della serie storica del dato, ufficialità o autorevolezza delle fonti, rilevanza socio-economica dell’indicatore.
E così, se da un lato, la distanza dei tassi di occupazione e disoccupazione tra Nord e Mezzogiorno raggiunge il minimo storico (o quasi) nel periodo considerato, rispettivamente dal 22,4% del 2013 al 21,2% nel 2023 per il primo indicatore e dall’11,5 % del 2013 al 9,4% nel 2023 per il secondo indicatore, dall’altro non mancano, anzi sono preponderanti, le “reazioni negative” della maggior parte degli indicatori individuati. In particolare, a incidere in modo rilevante sull’andamento “rialzista” del divario, ottenendo il massimo del punteggio (100 punti) dell’indice Indes di Demoskopika ben 4 indicatori dei 5 rimanenti: reddito disponibile familiare, speranza di vita, sanità, ricchezza pro-capite. A chiudere l’indicatore delle persone a rischio di povertà (97,9 punti) il cui picco negativo è stato registrato nel 2019.
«Se non affrontato con urgenza – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – il divario rischia di trasformarsi in una frattura che farà crollare le fondamenta economiche e sociali dell’Italia, ampliando ulteriormente le disuguaglianze. È fondamentale mettere da parte le contrapposizioni ideologiche e avviare un processo di autonomia consapevole piuttosto che differenziata o, peggio ancora, gridata, garantendo equo accesso ai servizi essenziali per tutti i cittadini, con tanto di definizione, a monte e non a valle, dei livelli essenziali delle prestazioni e della necessaria copertura finanziaria. E, inoltre, – precisa Raffaele Rio – le politiche economiche e sociali dovrebbero concentrarsi su due aree chiave: da un lato, il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione pubblica, il che implica una riforma della governance degli interventi statali, un significativo miglioramento delle risorse umane e tecnologiche della pubblica amministrazione e un forte orientamento verso il raggiungimento degli obiettivi, supportato da sistemi di incentivazione. E, dall’altro, è cruciale potenziare l’iniziativa privata riducendo i deficit infrastrutturali nel Mezzogiorno, sfruttando appieno il potenziale delle aree urbane e migliorando la qualità del tessuto produttivo. Senza un innesto di maggiore dignità e pragmatismo istituzionale – conclude Raffaele Rio – si rischia una guerra civile psicologica, uno scontro al massacro e sempre più ideologico tra Nord e Mezzogiorno del paese. E a pagarne le conseguenze sarà l’Italia intera, con in testa alla lista, i suoi individui più deboli, i suoi sistemi più fragili».
Occupazione: si riduce il gap, ma il Mezzogiorno “sta sotto” ancora di ben 5,8 milioni di lavoratori. La percentuale di occupazione è aumentata sia nel Nord che nel Mezzogiorno e il divario si è leggermente ridotto. Nel 2023, l’occupazione nel Nord è al 69,4%, mentre nel Mezzogiorno è al 48,2%, con un divario di 21,2 punti percentuali rispetto ai 22,4 punti percentuali del 2013. Ciò indica che il Mezzogiorno ha fatto progressi nel migliorare l’accesso al mercato del lavoro. Ciò nonostante, spostando l’analisi sui valori assoluti, il quadro resta impietoso: nel 2023, sono ben 5,8 milioni gli occupati in meno nel Mezzogiorno rispetto al Nord del paese. Il numero indice è passato da 97,0 del 2013 a 91,8 punti del 2023. Rimangono prioritarie, dunque, politiche più incisive per stimolare la creazione di posti di lavoro nel Mezzogiorno, come la messa in campo di incentivi e sgravi fiscali strutturali (e non congiunturali) per le imprese che investono e assumono in queste aree.
Disoccupazione: bene l’andamento al ribasso, ma la strada è ancora lunga. La disoccupazione ha visto una riduzione in entrambe le aree, ma il Mezzogiorno presenta ancora tassi significativamente più alti. Nel 2023, la disoccupazione nel Nord è al 4,6%, contro il 14,0% del Mezzogiorno, con un divario di 9,4 punti percentuali rispetto agli 11,5 punti percentuali del 2013. Questo miglioramento nel Mezzogiorno è significativo, ma il divario rimane ampio. Anche per questo indicatore, i valori assoluti “smorzano” gli entusiasmi. Al Sud (Isole incluse) nel 2023 i disoccupati sono quasi il doppio di quelli al Nord: oltre un milione a fronte delle 592mila persone in cerca di occupazione di 15 anni e oltre nei sistemi regionali del Nord, con un divario quantificabile in 433mila individui. Il numero indice è passato da 92,0 del 2013 a 75,2 punti del 2023.
Reddito familiare: crescita del divario fa la sua “porca figura”, +30,4%. Si allarga la forbice del reddito disponibile familiare tra Nord e Mezzogiorno. In particolare, la differenza reddituale è passata dai 12.969 euro del 2013 ai 16.916 euro del 2023, mostrando un incremento delle disparità economiche pari ad un +30,4%. Il numero indice subisce un rialzo da 76,7 punti del 2013 a 100,0 punti del 2023. Questo crescente divario indica che le famiglie nel Nord hanno un potere d’acquisto significativamente maggiore rispetto a quelle nel Mezzogiorno. In questa direzione, potrebbe essere utile implementare politiche di redistribuzione del reddito e investimenti per migliorare la qualità dei servizi nel Mezzogiorno, generando delle economie nei bilanci domestici delle famiglie.
Speranza di vita: il Mezzogiorno perde cinque mesi di longevità rispetto al Nord. La speranza di vita, intesa come il numero di anni che una persona può aspettarsi di vivere dalla nascita, ha mostrato lievi differenze tra le due aree. Nel 2023, la speranza di vita è di 83,6 anni nel Nord e 82,1 anni nel Mezzogiorno, con un divario di 1,6 anni. Nel 2013, il quadro era più confortante: 82,7 anni nel Nord e 81,6 anni nelle realtà di Sud e Isole, con un divario di 1,1 anni. In altri termini, il Mezzogiorno ha perso cinque mesi di longevità rispetto al Nord. Il numero indice è passato da 68,8 del 2013 a 100,0 punti del 2023. Migliorare l’accesso ai servizi sanitari e promuovere campagne di prevenzione sanitaria nel Mezzogiorno potrebbe aiutare a ridurre ulteriormente questo divario.
Sanità: cresce la frattura nel sistema italiano. L’indicatore sanità si riferisce alla valutazione dei LEA, i livelli essenziali di erogazione dei servizi sanitari. Gli investimenti e la qualità dei servizi sanitari sono maggiori nel Nord rispetto al Mezzogiorno. Nel 2022 (ultimo dato disponibile provvisorio), il divario ha raggiunto 68,3 punti rispetto ai 57,2 punti del 2017, indicando una crescente disparità nell’accesso e nella qualità dei servizi sanitari. Il numero indice è passato da 83,7 a 100,0 punti del 2022. Questa disparità può avere effetti significativi sulla salute della popolazione del Mezzogiorno. Per migliorare la situazione, è necessario aumentare gli investimenti nella sanità nel Mezzogiorno, garantendo che i LEA siano rispettati in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
Ricchezza: 2022-2023, il biennio “più nero” del decennio. Il prodotto interno lordo pro-capite nel Nord è aumentato da 32.919 euro nel 2013 a 36.904 euro nel 2023, mentre nel Mezzogiorno è passato da 17.980 euro a 19.821 euro nello stesso periodo. Il divario è aumentato, dunque, a 17.083 euro nel 2023, mostrando un ampliamento delle differenze economiche. Il numero indice è passato da 87,4 del 2013 a 100,0 punti del 2023, confermando lo stesso scenario dell’anno precedente. Questo riflette una maggiore capacità di generare ricchezza nel Nord rispetto al Mezzogiorno. Per ridurre questo divario, potrebbero essere utili politiche di sviluppo economico mirate, come l’attrazione di investimenti e il supporto all’imprenditorialità nel Mezzogiorno.
Povertà: se 4 milioni di individui a rischio “vi sembran pochi”. Nel 2023, sono quasi 4 milioni le persone a rischio povertà in più nel Mezzogiorno rispetto alle realtà settentrionali: in particolare, 6,7 milioni al Sud a fronte dei poco più di 2,7 milioni al Nord. La povertà si conferma, dunque, significativamente più alta nel Mezzogiorno rispetto al Nord. Anzi con una tendenza al peggioramento in termini di divario. Nel 2023, il tasso di povertà nel Nord è del 9,9%, contro il 33,7% del Mezzogiorno, con un divario di 23,8 punti percentuali rispetto ai 22,9 punti percentuali del 2013. Il numero indice è passato da 94,2 del 2013 a 97,9 punti del 2023. Questo indica che una parte significativa della popolazione nel Mezzogiorno vive in condizioni di povertà, evidenziando una grave disuguaglianza economica. Per combattere la povertà, è essenziale reintrodurre o rafforzare programmi strutturali di inclusione sociale e misure di sostegno al reddito per le famiglie più vulnerabili nel Mezzogiorno.
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