Reggio Calabria: traffico di rifiuti, colletti bianchi al servizio delle ecomafie

Scritto il 13/12/2024
da Redazione

Reati ambientali, ecomafie, traffico di rifiuti. Espressioni entrate negli ultimi anni nel lessico comune anche grazie a maggiore copertura da parte di media, un’accresciuta sensibilità dei cittadini e una crescente attività repressiva delle forze di polizia. Quello dei reati ambientali è un mondo complesso, che va dall’inquinamento delle falde acquifere e del territorio fino allo smaltimento illecito di rifiuti non “trattati”. Parlando dei grandi traffici di rifiuti, uno degli errori in cui si incorre è pensare che dietro ci sia sempre la criminalità organizzata. Intanto, quelli ambientali non sono crimini di scopo, non sono cioè “reati fine” come potrebbe essere un’estorsione, una rapina, un omicidio. Non si inquina per il gusto o per la volontà di inquinare. Al contrario, sono “reati mezzo”, “reati strumento” per perseguire un ingiusto profitto economico.
Criminalità tecnico-economica «In questo la criminalità organizzata classica si è evoluta – spiega l’ex comandante del Noe di Reggio Calabria Pierantonio Tarantino – diventando criminalità tecnico-economica con stuoli di professionisti (legali, chimici, ingegneri, biologi, commercialisti ecc.) che si mettono a disposizione delle società per far risparmiare denaro, spesso aggirando le norme ambientali». È inoltre importante sottolineare che l’espressione “traffico di rifiuti” si riferisce in questo caso a varie condotte (cessione, ricezione, trasporto, esportazione, importazione o gestione di grandi quantità di rifiuti), ossia a una pluralità di operazioni supportata da un’organizzazione professionale con mezzi e capitali.
«Parliamo spesso in questi casi di veri e propri “delitti d’impresa” – aggiunge Tarantino – dove l’ingiusto profitto ottenuto mediante la violazione delle normative ambientali rappresenta in un certo senso lo “spread” tra un’impresa produttiva fondata sul malaffare e una onesta che non è concorrenziale. Davanti alla poliedricità del fenomeno della criminalità ambientale, la “expertise” investigativa dei Carabinieri che si occupano di tutela dell’ambiente deve dunque estendersi a ulteriori settori quali la conoscenza delle dinamiche e della normativa di funzionamento della pubblica amministrazione, degli appalti, dell’esecuzione di grandi opere pubbliche e delle fonti rinnovabili non fossili (eolico, fotovoltaico, geotermico, biomassa, biogas, etc.)».
Tutto ciò conferma il coinvolgimento non solo della criminalità organizzata di tipo mafioso, ma anche di gruppi imprenditoriali di spessore (con interessi commerciali diversificati) che, per la materia specifica, si avvalgono della consulenza e delle prestazioni di figure di elevata professionalità, evitando spesso i contatti diretti con esponenti mafiosi.

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