La decisione arriva sulle note finali del Consiglio dei ministri andato in scena ieri a Palazzo Chigi: il governo, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Tropea per infiltrazioni mafiose. Per il centro considerato un po’ da tutti la città-simbolo del turismo calabrese è la seconda volta nel giro di pochi anni: gli organi elettivi erano stati sciolti nell’agosto 2016 e la decisione del governo – inizialmente ribaltata dal Tar del Lazio – era stata confermata in via definitiva dal Consiglio di Stato.
Si tratta di uno stop non inaspettato, tutt’altro. Adesso il Comune sarà affidato per 18 mesi ad una commissione straordinaria. La decisione di Palazzo Chigi arriva a poco più di 6 mesi dall’insediamento della commissione d’accesso incaricata di valutare eventuali infiltrazioni mafiose nell’Ente. La commissione che ha passato al vaglio gli atti dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giovanni Macrì (Forza Italia) era composta dal viceprefetto Roberto Micucci, dal vice capo della Squadra Mobile di Vibo, Ludovico Tuoni e dal maggiore delle Fiamme gialle, Carlo Alberto Zambito.Infiltrazioni, evidentemente, ritenute fondate e peraltro già segnalate da alcune inchieste antimafia condotte dalla Dda di Catanzaro proprio in quella zona. Del resto, proprio nel Vibonese sono diverse le commissioni insediate nei vari enti locali. Tre Consigli comunali sciolti di recente (Capistrano, Soriano e Acquaro) e, prima di oggi, cinque sotto i riflettori: Mileto, Nicotera, Tropea, Filadelfia e Stefanaconi. Un elenco a cui si aggiunge l’Asp di Vibo Valentia.
Insomma, Tropea “volta pagina” e, in attesa di conoscere le determinazioni che hanno portato a questo epilogo, intanto attende che la triade antimafia prenda possesso del Municipio. Sono stati mesi intensi e l’ipotesi di scioglimento è stata molte volte considerata. Tanto che la frenesia in vista dell’appuntamento con le urne ha registrato sbalzi, tra picchi di euforia e deprimenti attese. Ma almeno adesso c’è qualche certezza: i tropeani non saranno chiamati al voto per le Amministrative. Insomma, Tropea non sarà della partita perché il filo sottile (lo stesso che lega a molti altri Comuni vibonesi) è stato tranciato dalla incontrovertibile decisione giunta ieri stesso e vissuta col peso di un disastro.
Sulla vicenda legata all’eventuale scioglimento, recentemente Macrì si era appellato alle forze politiche per rivedere la legge: «Quella in vigore resta una legge inutile che invece di isolare e reprimere eventuali illegittimità di ogni tipo, mortifica il senso stesso della partecipazione popolare». Il sindaco (ormai ex) ha sempre evidenziato che dietro agli scioglimenti vi siano addebiti di presunta illegittimità amministrativa che nulla hanno a che vedere con la criminalità organizzata. Dunque ripropone «lo stesso ed unico allarme democratico che ancora in troppo pochi denunciamo senza peli sulla lingua. Mi riferisco a quella che già in altre occasioni ho definito una legge in bianco, una norma imperfetta che delega inaccettabili interferenze e delegittimazioni nella e della sovranità democratica ad autorità che di fatto non rispondono di nessuno degli effetti negativi e perversi scaricati solo sulle comunità locali e per gli anni a venire».
I commissari che s’insedieranno a breve avranno il compito di traghettare il Comune all’alba di una stagione estiva che dovrebbe portare a Tropea migliaia di turisti da ogni parte del mondo.
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